giovedì 31 dicembre 2015

IL CONTE UGOLINO SULLA PROPOSTA DI FEDERMECCANICA





Riflessioni di Marco Lentini


1) giunge a compimento definitivo il lungo percorso che ha avuto inizio con l'eliminazione dello strumento perequativo universalistico e solidale della "scala mobile" che pur risultando conforme al dettato costituzionale (Art. 36. "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ...” - non alle “fortune”dell’azienda per cui lavora - in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” – quindi... indipendentemente dal rispetto di parametri economici esogeni...) risultava incompatibile con l’introduzione di una moneta “forte” qual è l’euro, per giungere al conseguente aggancio delle retribuzioni all'indice annuo di inflazione. 
Si afferma il principio che il recupero della perdita del potere d'acquisto della componente base della retribuzione, diventata "salario minimo di garanzia", debba/possa avvenire, da subito, unicamente per i lavoratori con paga oraria inferiore ad essa mentre, per tutti gli altri (la stragrande maggioranza) solo a posteriori cioè, tendenzialmente - se non di fatto - quasi mai... visto che l'obiettivo primario dell’attuale politica monetaria consiste nel tanto declamato "sistema di crescita ad inflazione zero", dove per crescita si intende unicamente "aumento della ricchezza in termini assoluti" non certamente redistribuzione e socializzazione della stessa... A ciò si aggiunge il peso preponderante assunto dalla componente "flessibile" del salario, ovvero i "premi di risultato", da demandare alla contrattazione di secondo livello, cioè ad istanze di interlocuzione/contrapposizione fortemente sbilanciate a favore del soggetto economicamente forte (la parte datoriale) che, oggi, può giovarsi di un quadro giuridico di riferimento del tutto favorevole, visto il contestuale declassamento delle disposizioni contrattuali contenute nei Ccnl relative agli aspetti non esclusivamente retributivi a “norme cedevoli”, cioè derogabili, anche “in peius”, tramite semplici accordi aziendali, per imporre al soggetto “debole” la scelta, ad excludendum... fra “aumento (minimo) del salario” e “permanenza dei diritti”. Ed era proprio questo il punto cui si voleva giungere... non tanto sottolineare la necessità di “flessibilizzare” le retribuzioni (già ampiamente e da tempo comprimibili a discrezione...) quanto, trattare di par misura i “diritti”, primo fra tutti, quello di “opporsi” alle imposizioni unilaterali dell’imprenditore che, in questo modo, riconquista, a pieno titolo, il rango sociale di “padrone” (limitazioni al diritto di sciopero, accordo interconfederale sulla rappresentanza...). Quindi, non solo di fallimento della “politica dei redditi” e del metodo della “concertazione” si tratta... cioè dell’inadeguatezza di strutture di senso tutto sommato storicamente contingenti. Il portato di tutto ciò è, a livello di coscienza generale ed individuale, ancora più profondo, consistendo nella proclamazione... “urbi et orbi”... dell’utilità non solo più “logica” (e quindi... ideologica”) di liberare il profitto da ogni pretesa di regolazione e controllo esterno, bensì della “necessità ontologica” di riconoscerne e celebrarne il potere assoluto, di attribuirne una natura ed un’essenza “ipostatizzata”, “Impersonale”, quasi... “divina”!

Se si volesse estendere la portata della proposta di Federmeccanica in termini generali, facendola diventare emblematica, si dovrebbe affermare che si tratta di una comunicazione ufficiale di disdetta unilaterale di ogni accordo stipulato con i contraenti politici riconosciuti del secolo scorso vale a dire riformisti, socialdemocratici e quanti avessero alimentato il sogno di poter in qualche modo... “collettivizzare il profitto”...!

2) Si manifesta, da parte datoriale, la volontà di contribuire alla diffusione di un “sistema di welfare individualistico” contrapposto al “sistema universalistico” previsto dalla Costituzione destinato a divenire puramente residuale. Tale elemento, ancor più in considerazione del quadro normativo sopra delineato, è destinato ad accelerare il processo di riconversione di diritti soggettivi (inderogabili ed indisponibili) in tema di salute, previdenza, assistenza, formazione... in variabili economiche dipendenti, oggetto di libera contrattazione fra i privati entro rigorosi limiti generali di compatibilità finanziaria. Questo aspetto, tra l’altro, risulterebbe quello meno... “indigesto”... ai sindacati confederali, i quali da soggetti co-gestori del sistema (evidentemente... “neocorporativo”) degli “enti bilaterali”, sembrano volerne implementare ed estendere applicazione e progressiva diffusione. Così facendo, però, si corre il rischio di accelerare il processo di trasformazione del sindacato quale soggetto autonomo (e potenzialmente conflittuale) di rappresentanza di interessi generali (contrapposti ad altri interessi generali di segno opposto) in formazione sociale collettiva garante dell’equilibrio economico del sistema. In altre parole, non si tratterebbe che di pagare, in misura minore e per via indiretta, i rappresentati con la stessa moneta che i rappresentanti hanno già da tempo guadagnato per se stessi... 

la rinuncia ad ogni istanza di libera autodeterminazione in cambio della propria sopravvivenza materiale...

“Più che il dolor... potè il digiuno”... direbbe Dante!


MARCO LENTINI
SINDACATO UN'ALTRA COSA PIEMONTE

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