di Matteo
Gaddi e Ugo Cherubini
dal sito Sindacalmente
Cominciamo
dalle dichiarazioni delle parti in campo.
Sul
Sole 24 Ore del 16 ottobre troviamo le posizioni del Presidente di
Federchimica.
Il
primo afferma quanto segue: “Il nuovo contratto di lavoro del
settore chimico-farmaceutico non contiene disposizioni che derogano
alla disciplina del Jobs Act.” L’ipotesi di accordo 2016-2018 “è
una valorizzazione degli indirizzi programmatici in materia di
relazioni industriali fissati da Confindustria; e non a caso le
parole chiave dell’intesa sono: produttività, occupabilità,
flessibilità ed esigibilità”.
Alla
domanda sugli aumenti contrattuali, che avrebbero resi contenti i
sindacati (e, quindi, si presume scontente le imprese), così
risponde: “Il contratto sottoscritto ieri mattina riduce del 50% il
gap che con il precedente rinnovo, per la prima volta in 30 anni in
una dimensione rilevante si è creato tra gli aumenti decisi in base
all’inflazione programmata e il reale corso dei prezzi al
consumo…Federchimica è la prima categoria che con il nuovo
contratto pone rimedio a questo rischio prevedendo verifiche annuali
ed ex post per il maggior allineamento possibile tra aumenti
salariali e andamento dell’inflazione: così non sono previsti
aumenti nel 2016, ma solo a partire da gennaio 2017”.
Si
tratta di dichiarazioni di propaganda o realmente fondate ?
Andiamo
a vedere cosa c’è scritto nel testo di Accordo.
Prima
questione: 75 o 90 euro ??
Nella
“Parte Economica” si prevede un incremento complessivo riferito
alla categoria D1 del chimico e chimico-farmaceutico pari a 90 euro.
Però
questa cifra verrà erogata con le seguenti modalità: 40 euro a far
data da gennaio 2017, 35 euro a far data da gennaio 2018, 15 euro a
far data da dicembre 2018.
Per
settori particolari la cifra è più bassa: 84 euro per le fibre, 78
euro per gli abrasivi.
Quindi,
innanzitutto, possiamo dire che nel 2016 l’adeguamento salariale
derivante dal CCNL è congelato; si parte dal 1 gennaio 2017 e si
arriva a regime nel dicembre 2018.
Cosa
succede, quindi nel 2016, con il sostanziale congelamento
contrattuale ? succede che verrà erogato soltanto l’EDR (Elemento
Distinto della Retribuzione), una cifra pari a 15,54 euro che verrà
erogata fino a dicembre 2016.
Ma,
e qui sta il bello, da quando verrà erogato l’EDR ? Non a partire
da gennaio 2016, ma a partire da ottobre 2015 cioè in sostituzione
della tranche di adeguamento contrattuale mensile prevista dal
vigente CCNL. Cioè, nell’ultima parte dell’anno si perde la
vigenza del CCNL in essere e la stessa viene sostituita
dall’erogazione dell’EDR che, oltretutto, si trascina per tutto
il 2016 con il congelamento del nuovo CCNL. Forzando un po’ i
termini possiamo dire che per 15 mesi (ottobre 2015 – dicembre
2016) l’EDR sostituisse i termini economici del CCNL.
Per
questo motivo una parte (Confindustria) ha avuto buon gioco nel dire
che il reale aumento non è di 90 euro, ma di 75 in quanto dai 90
euro viene sottratta l’ultima tranche del precedente rinnovo pari a
15 euro (viene data come EDR, come descritto sopra, ma poi sparisce).
Si
fa osservare che nella piattaforma per il rinnovo del CCNL Chimico
2016 – 2018 del 15 settembre di Filctem CGIL-FEMCA CISL-UILTEC si
dichiarava l’obiettivo recupero del potere di acquisto del salario,
redistribuzione della produttività
prodotta in azienda (errore
gravissimo! Questo verrà argomentato in seguito), rafforzamento del
welfare contrattuale sia nazionale che contrattuale, “pertanto si
richiede un incremento salariale complessivo
per un valore di 123 € nel triennio 2016-2018”.
Parlando
di incremento salariale complessivo le tre categorie si sono esposte
al rischio di vedere spalmato questo incremento su più voci:
salario, contrattazione aziendale, welfare aziendale, contrattazione
anche aziendale.
Ma
anche così i conti non tornano.
Gli
aumenti di 8 euro del Fondo Fonchim e i 2 euro del turno di notte non
sono quote aggiuntive messe dalle imprese, ma vengono detratti ai
lavoratori col meccanismo dell’abolizione della abolizione del
trattamento economico della Pasqua.
La
contrattazione aziendale viene demandata al meccanismo (A PERDERE !)
della produttività e dell’andamento economico dell’impresa (in
seguito argomentato).
Sempre
a proposito di perdita di salario, il premio presenza (220 euro)
viene assorbito dal meccanismo della contrattazione aziendale.
Adeguamento
annuale all’inflazione.
Per
comprendere questo punto bisogna fare un passo indietro.
Qualche
mese fa, Federchimica con una lettera indirizzata alle organizzazioni
sindacali di categoria ha sollevato il problema dell’andamento
dell’inflazione puntando l’indice sul “significativo
scostamento in atto tra inflazione prevista al momento del rinnovo
del vigente CCNL e inflazione reale relativa al biennio 2013/2014 e
prevista per il 2015. Secondo la lettera di Federchimica, ci si trova
in presenza di una “situazione eccezionale”, mai verificatasi nel
tempo, dovendo discutere, in sede di verifica, di una condizione
nella quale i lavoratori avrebbero ricevuto di più (in base
all’inflazione programmata) di quanto realmente accaduto con il
concreto andamento dell’inflazione. Il calcolo fatto dagli
industriali è il seguente. L’inflazione riconosciuta nel triennio
2012-2015 è del 6,2% contro un’inflazione reale del 2,5%. Quel
3,7% di differenza corrisponderebbe a 79 euro in più percepiti dai
lavoratori.
In
questo rinnovo di CCNL, quindi, è stata inserita la seguente
formula: “Al fine di prevenire scostamenti significativi le Parti
concordano di procedere ad una verifica degli stessi su base annua”.
Questa verifica verrà condotta, ogni anno, nel mese di giugno (visto
che l’ISTAT pubblica i dati a maggio). Nel giugno di ogni anno
(2017, 2018, 2019) verrà condotta la verifica di scostamento tra
inflazione l’inflazione relativa all’anno precedente (da
consuntivo ISTAT) e quella prevista in fase di rinnovo.
Nel
rinnovo di CNL “l’inflazione prevista e presa a riferimento è
complessivamente pari al 4%”.
A
cosa corrisponde questo 4%?
Per
rispondere prendiamo l’ultima comunicazione disponibile dell’ISTAT,
quella del 29 maggio.
L’Istat,
in quella data, ha emesso il comunicato per gli anni 2011-2014 gli
scostamenti tra realizzazione e previsione dell’inflazione misurata
dall’indice IPCA al netto della dinamica dei prezzi dei beni
energetici importati, nonché la previsione di questo stesso
indicatore per gli anni 2015-2018.
Come
si vede dalla comunicazione ISTAT del 29 maggio 2015, la somma dei
valori 2016 – 2018 da come risultato 3,9%, un valore vicinissimo al
4% indicato nel testo di rinnovo del CCNL.
Si
tratta quindi del meccanismo dell’IPCA, previsto dall’Accordo
Quadro Riforma degli Assetti Contrattuali del 22 gennaio 2009,
secondo il quale “per la dinamica degli effetti economici si
individuerà un indicatore della crescita dei prezzi al consumo
assumendo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione
programmata - un nuovo indice previsionale costruito sulla base
dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito
europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni
energetici importati (…) si procederà alla verifica circa
eventuali scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale
effettivamente osservata, considerando i due indici sempre al netto
dei prodotti energetici importati”.
Proviamo,
quindi, ad inquadrare il significato politico che assume questo
rinnovo del ccnl chimico nel quadro sindacale e nell’ambito della
discussione avviata all’interno della CGIL.
Il
Direttivo Nazionale della CGIL, solo qualche settimana fa, decideva
di demandare alla segreteria uno studio sul modello contrattuale per
poi valutare insieme al Direttivo stesso quale sarebbe stata la
strategia del sindacato in occasione dei rinnovi dei contratti.
Quella
necessità era maturata nella consapevolezza che il modello
contrattuale fino ad ora seguito risultava essere datato e non
adeguato ai tempi; dunque si riteneva necessario ridisegnare e
ridefinire le nostre parole d’ordine per la stagione dei rinnovi
contrattuali.
Con
questa firma di fatto si è aperta invece la partita dei rinnovi
senza avere deciso collettivamente quali debbano essere le nostre
rivendicazioni: cioè senza avere un modello contrattuale che tenga
insieme tutte le categorie.
Una
sorta di schizofrenia dove l’agire di qualcuno condiziona le scelte
di tutti, in peggio.
Di
fatto si sancisce con questa firma che i contratti non sono più
esigibili (da parte dei lavoratori !) e che possono essere modificati
in corso d’opera, a seconda delle esigenze di un’unica parte:
quella dell’impresa.
Per
la prima volta si è definito una procedura di “scala mobile al
contrario”, dove, in un contesto deflattivo, si è definita la
perdita di salario contrattato: è per questo motivo che i datori di
lavoro, oggi, hanno accettato la condizione di verifica
dell’inflazione e loro stessi hanno esaltato tale risultato.
Altri
elementi che incidono sul salario: premio presenza, Pasqua, 4
novembre, scatti anzianità/TFR.
Sono
aboliti gli articolo del CCNL che prevedono il premio presenza; sarà
la contrattazione aziendale a definire modi e contenuti
dell’inserimento del premio presenza nel premio di partecipazione.
Il premio presenza era rappresentato in media da circa 220 euro
annuali.
Le
imprese che non contrattano il premio di partecipazione sceglieranno
di: applicare il premio variabile PMI, applicare l’elemento
perequativo o di attuare iniziative di welfare contrattuale e/o
formazione a cui destinare, in tutto o in parte, i medesimi importi.
Cioè con welfare aziendale e/o formazione le aziende evitano di
pagare ai lavoratori il premio di partecipazione. Poiché si prevede
che il premio presenza finisca nel calderone del premio di
partecipazione, questo significa che anche lo stesso potrebbe essere
sostituito da welfare aziendale e formazione.
Vengono
eliminati dal conteggio del TFR gli scatti di anzianità.
Per
il settore abrasivi dal 1 marzo 2017 viene abolito il trattamento
previsto per la ex festività del 4 novembre.
Dal
1 marzo 2017 viene abolito il trattamento economico di Pasqua (1/25
della retribuzione mensile). Contemporaneamente viene aumentata
l’aliquota contributiva per il welfare contrattuale con una
equivalente erogazione aziendale di 8 euro su Fonchim e 2 euro in più
per i turni notturni.: in questo modo viene sancito il principio che
con la riduzione dei salari dei lavoratori si finanzia il welfare
aziendale ed il lavoro notturno. L’impresa ci guadagna ancora una
volta.
Contrattazione
di secondo livello.
Il
testo del rinnovo è tutto un peana della contrattazione di secondo
livello.
Ne
riportiamo alcuni passaggi per chiarirne l’origine.
La
contrattazione aziendale viene inserita addirittura come il primo
capitolo dell’intesa; le Parti si impegnano a
“rendere
il ccnl sempre più un riferimento moderno e flessibile
idoneo a incentivare una contrattazione di secondo livello che colga
le esigenze e le specificità aziendali al fine di migliorare la
competitività e
l’occupabilità;
(…)
realizzazione di una contrattazione aziendale effettivamente
correlata all’andamento
economico e alla produttività dell’impresa
e adeguata a sostenere la competitività e l’occupazione;
Rafforzamento
di una contrattazione aziendale (…) funzionale al miglioramento
della produttività
e dell’occupazione e che possa contribuire anche allo sviluppo del
welfare contrattuale…
Ecco
l’origine di questi passaggi: gli Accordi del 2009 e del 2012.
Nel
gennaio 2009, l’accordo tra parti sociali sulla riforma degli
assetti contrattuali, definiva un modello nel quale si prevedeva di
attivare “tutte le misure volte ad incentivare, in termini di
riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello
che collega incentivi economici al raggiungimento di obiettivi di
produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri
elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività
nonché ai risultati legati all’andamento economico delle
imprese…”. Nell’aprile dello stesso 2009 veniva sottoscritto un
accordo interconfederale che assumeva i contenuti del documento
precedente, legando le agevolazioni fiscali e contributive alla
contrattazione di secondo livello (aziendale) con riferimento alla
realizzazione di programmi per conseguire “incrementi di
produttività, di qualità, di redditività, di efficacia, di
innovazione, di efficienza organizzativa “, nonché “altri
elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività
aziendale nonché ai risultati legati all’andamento economico
dell’impresa”.
L’Accordo
Interconfederale del 16 novembre 2012 (“Linee programmatiche per la
crescita della produttività e della competitività in Italia”)
prevede la necessità di norme legislative (vantaggi fiscali e
contributivi) a favore di quella parte di retribuzione legata alla
produttività aziendale.
Osservazione
di carattere generale sul concetto di produttività.
Per come viene trattato esso si presta ad un doppio errore logico: da
una parte si calcola la produttività aggregata (e non settoriale),
dall’altra la produttività è quella della singola azienda,
perdendo così di vista che il processo di produzione di un bene
finale consiste di diverse fasi di lavorazione che, all’interno
dell’attuale struttura industriale, risultano frazionate e quindi
imputabili a diverse imprese. In questo modo il calcolo della
produttività si riduce: a) ad un esercizio statistico (sbagliato)
nel primo caso; b) ad una calcolo azienda per aziende senza tenere
conto che ogni bene finale è risultato di diversi stadi produttivi
che assieme (cioè tenendo
conto della catena della produzione nella sua interezza), dovrebbero
concorrere a definire la produttività.
Altra
osservazione di carattere generale. Nel corso del tempo (come
ampiamente sotto descritto), i vari Governi che si sono succeduti
nonché le parti sociali (a volte senza la Cgil) hanno perseguito un
disegno generale di spostamento della contrattazione dal livello
nazionale a quello decentrato (aziendale e territoriale). Vale la
pena, tuttavia, segnalare che la contrattazione decentrata
(aziendale) lascia scoperti moltissimi lavoratori: secondo una
pubblicazione (“Progetto CNEL-ISTAT sul tema “Produttività,
struttura e performance delle imprese esportatrici, mercato del
lavoro e contrattazione integrativa”), le imprese coinvolte nella
contrattazione di secondo livello sono il 31,6%, ma il 9,6% delle
imprese effettua esclusivamente contrattazione ad personam; quindi
solo il 21,1% è coinvolto da contrattazione collettiva. Quindi, la
grande maggioranza dei lavoratori non risulta interessato da
contrattazione di secondo livello e quindi da eventuali adeguamenti
salariali connessi alla produttività contrattata a tale livello.
Dove non si fa contrattazione aziendale vale soltanto l’ERG
(elemento di garanzia contributiva), definito dall’Accordo
Interconfederale del 2009: i
contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria stabiliscono
che sia riconosciuto un importo a titolo di elemento di garanzia
retributiva, a favore dei
lavoratori dipendenti da aziende prive di contrattazione di secondo
livello.
Ulteriori
elementi: sanzioni, stagionalità.
Vengono
inasprite le sanzioni: il limite massimo di giorni di sospensione
disciplinare per le mancanze di maggior rilievo viene portato da 3 a
8 giorni; il numero massimo di ore di retribuzione previste per la
sanzione disciplinare della multa passa da 3 a 4 ore.
Viene
allargato il concetto di stagionalità.
Oltre
a quelle individuate dalla legge, sono stagionali anche le attività
richieste da esigenze tecnico-produttive ricorrenti in determinati
periodi dell’anno in quanto connesse alle stagioni climatiche o a
stagionalità identificate come tali nei settori “clienti”, come
ad esempio attività dipendenti da esigenze agricole, campagne di
vaccinazione ecc..
Inoltre
sono previste ulteriori ipotesi di stagionalità dovute a particolari
esigenze tecnico-produttivo di tipo temporaneo e periodico, da
demandare alla contrattazione aziendale o territoriale.
Le
attività stagionali sono ovviamente connesse ad un concetto di
temporaneità, quindi anche di rapporto di lavoro temporaneo
(solitamente si tratta di quelle legate al settore primario, servizi
turistici e ricettivi, spettacoli, in determinate aree geografiche
ecc.).
Una
definizione così ampia di attività stagionali apre la strada ad una
ulteriore deregulation in materia di tipologie di contratti
applicabili.
JOBS
ACT – Appalti
Di
deroghe al Jobs Act non ne sono previste.
Sulla
questione degli appalti si era ampiamente espressa la piattaforma
sindacale prevedendo gli obiettivi di sistemi di gestione sul piano
della valutazione e selezione degli appaltatori, un sistema di
controlli e verifiche sul campo più stringente.
L’obiettivo
era definire nel CCNL per tutte le imprese criteri di valutazione e
selezione dei fornitori (anche in relazione ai temi della trasparenza
e legalità), la regolamentazione delle fasi precedenti e la
esecuzione dei lavori, definire ruolo e responsabilità
dell’appaltatore e del committente ecc.
Il
testo del rinnovo si limita a indicare la “diffusione di buone
prassi realizzate nel settore per i lavori in appalto funzionale
all’obiettivo del miglioramento continuo anche attraverso una
gestione preventiva e sistematica dei fattori di rischio”.
Al
massimo, ma solo per gli aspetti di sicurezza, salute e ambiente, nel
caso di appalti potranno essere adottate le linee guida di
“Responsible Care” in tema di qualificazione delle imprese
esterne, con il coinvolgimento e la partecipazione delle RLSSA. Si
segnala che Responsible Care è un documento del mondo dell’impresa:
è il Programma volontario di promozione dello Sviluppo
Sostenibile dell’Industria Chimica mondiale.
Nel
caso dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito
produttivo (quelli di cui all’articolo 49 del decreto legislativo
81 del 2008) viene solo prevista – per i siti caratterizzati dalla
compresenza di più aziende – di avviare, ma solo su base
sperimentale e volontaria,
iniziative di consultazione e
scambio di informazione, ma esclusivamente per la diffusione di buone
prassi tra RLSSA delle imprese coinvolte.
Cioè
nessuno spazio per la contrattazione di sito o di filiera tanto
incensata nel documento della Conferenza di Organizzazione.
Formazione,
“Cultura aziendale”.
Vengono
previsti due moduli formativi per le RSU, di cui uno realizzato
dall’impresa su temi “strettamente aziendali”: questi
riguarderanno “il business e l’organizzazione dell’azienda, la
“cultura aziendale” declinata secondo e esigenze del momento: a
titolo esemplificativo, mission e valori dell’azienda”.
Si
tratta di un passaggio molto grave: la “cultura aziendale”, cioè
la sua mission, i suoi valori, i suoi obiettivi vengono “impartiti”
ai rappresentanti dei lavoratori (RSU) dall’azienda come se questi
dovessero assumere la stessa dimensione culturale e lo stesso
orizzonti di valori dell’impresa.
Si
tratta dell’affermazione dell’unico punto di vista, quello
dell’impresa, al quale anche i rappresentanti dei lavoratori
dovranno uniformarsi. Viene meno la possibilità di contrastare il
“pensiero unico” dell’impresa costruendo un insieme di valori e
obiettivi (cioè una cultura) autonomo e indipendente da quello
dell’impresa.
Salvaguardia
impianti linee guida
Il
ccnl precedente già aveva normato la salvaguardia impianti in caso
di effettuazione di scioperi, visto che le aziende chimiche in molti
casi operano con un assetto produttivo che implica la necessità di
normare gli eventuali fermi per scongiurare danni irreparabili agli
impianti e danni all’ambiente.
Nell’appendice
al contratto precedente era già evidente una reale procedura di
raffreddamento dei conflitti con un approccio conciliativo per le
procedure di eventuali scioperi. Oggi, con il nuovo contratto, si
sottoscrive che tale norma non è prevista solo per gli “impianti
complessi”, ma in ogni caso: quindi per tutti gli impianti di
qualsiasi azienda.
Inoltre
è stato specificato che le intese per la effettuazione e le modalità
dello sciopero non riguarderanno solo le prestazioni minime
indispensabili ma dovranno anche definire “le modalità per la
gestione delle altre attività e del personale non coinvolto dallo
sciopero, in relazione all’impatto a livello aziendale
dell’astensione dei lavoratori”
Tale
modifica di fatto inficia sostanzialmente la possibilità di incidere
con le iniziative di sciopero: si tratta, di fatto, della limitazione
di un diritto individuale sancito dalla costituzione quale quello
dell’esercizio di sciopero. Tale limitazione va oltre quello già
previsto dalla legge 146 dei pubblici servizi che già introduceva
forti limitazioni al riguardo.
Semplificazione
normativa
Nel
nuovo contratto all’art. 2 per il periodo di prova si prevede di
sostituire il riferimento a “ effettivo servizio” con “effettiva
prestazione lavorativa” si intende di fatto allungare il periodo
di prova stesso.
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