domenica 14 settembre 2014

TANGENI!


di Sergio Bellavita

dal sito nazionale della Rete28Aprile


È la prima nomina eccellente dell'era Renziana a finire sotto inchiesta, ma non sarà certo l'ultima. De Scalzi, Amministratore delegato di Eni è indagato insieme a Bisignani e Scaroni (ex ad Eni) dalla procura di Milano, in collaborazione con l'alta corte di Londra, con l'ipotesi di “corruzione internazionale” di politici e faccendieri Nigeriani. Eni avrebbe speso un quinto in mazzette, circa 190 milioni di dollari, sull'intero ammontare del costo sostenuto per l'acquisizione della concessione petrolifera denominata Opl 245, il più grande giacimento offshore della Nigeria. Concessione acquistata sapendo che i soldi sarebbe andati a finire non proprio nelle casse della Nigeria ma in quelle di una società, Malabu, a cui il generalissimo Abacha, presidente golpista all'epoca, aveva ceduto nel passato per soli 20 milioni di dollari un giacimento di 500 milioni di barili di petrolio.
Sembrerebbe una ordinaria storia di corruzione se non fosse che stiamo parlando della Nigeria, paese depredato e devastato dalle multinazionali del petrolio, Eni, Shell, Total, Chevron, Exxon, Mobil sono tutte accusate di disastri ambientali, in particolare il delta del Niger è stato devastato dalle fuoriuscite di greggio che hanno contaminato le acque, la foresta e tutto l'ecosistema che consente la sopravvivenza alle comunità locali. Le stesse compagnie praticano liberamente e impunemente il gas flaring, un processo altamente inquinante che rilascia quantità enormi di anidride carbonica. Un paese ricchissimo di petrolio ma che acquista dagli Usa i carburanti, con un un divario e un'ingiustizia sociale inimmaginabile, dove l'aspettativa di vita media è intorno ai 50 anni. Così, feroci dittature divengono governi legittimi con cui fare affari direttamente sulla vita di milioni di uomini e donne. Scaroni lo scorso aprile aveva dichiarato che l'Eni stava valutando di lasciare la Nigeria per i “continui furti di greggio da parte di criminali”. Si riferiva a quelle, così ci vengono propinate, bande criminali che mettono sul mercato nero i carburanti che ricavano dal danneggiamento dell'oleodotto. Eppure nel giugno del 2003 morirono carbonizzati 105 uomini nell'incendio che scoppiò mentre prelevavano petrolio da un oleodotto danneggiato allo scopo. Ci permettiamo di dubitare della definizione di bande criminali visto che è la miseria la condizione prevalente in quel paese. Non sappiamo se Scaroni, De Scalzi e Bisignani, management della più grande impresa italiana, sono davvero colpevoli del reato che la procura di Milano gli contesta ma sono certamente colpevoli, insieme a tutti gli altri ricchi,affaristi, faccendieri e lobbisti che attraversano l'Africa in cerca di buoni affari, di devastazione ambientale, saccheggio del territorio, collaborazione con regimi dittatoriali . Costoro con il danaro comprano e possono tutto. Possono inquinare infischiandosene delle misure di sicurezza e dei danni ambientali e uccidere legalmente. Non è la prima volta dell'Eni: Algeria, Usa, Kazakstan ecc dove passa Eni lascia storie di tangenti, corruzione e ignominia. Condannate loro per il reato di devastazione e saccheggio e date un premio agli attivisti sociali che fronteggiano le forze dell'ordine e difendono il territorio. 

Sergio Bellavita 
portavoce nazionale area il sindacato è un'altra cosa- opposizione Cgil


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