Pubblichiamo il video e la rielaborazione scritta dell'intervento di Lorenzo Mortara, omaggio a ROSA LUXEMBURG, per IL SINDACATO È UN'ALTRA COSA - OPPOSIZIONE CGIL, alla Conferenza di Organizzazione della CGIL di Vercelli. La Conferenza si è tenuta a Caresana Blot (VC), Venerdì 19 Giugno 2015.
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Buongiorno
a tutti,
innanzitutto
ringrazio chi ha deciso di farmi intervenire. Pensavo di non farlo o
di iscrivermi più tardi. La dirigenza stavolta ha deciso di fregarmi
sommergendomi con un eccesso di democrazia! Bene, me ne rallegro,
resta il fatto, però, che non mi son preparato nulla, quindi sarò
breve e mi soffermerò soltanto su un paio di punti. Anche perché in
fondo sapete bene come la penso e non è necessario che vi ripeta
sempre le stesse cose.
Il
documento della Conferenza di Organizzazione, al di là delle beghe
interne tra maggioritari ed emendatari, della «notte dei
lunghi coltelli» che si profila all’orizzonte per i tagli che si
andranno a fare, non è altro che un ulteriore passo verso la
cislizzazione della CGIL, verso un sindacato che non solo ha
smesso di contrattare, ma dopo aver smesso anche di concertare, ha
accettato, nonostante i continui brontolii, il suo nuovo ruolo:
quello di semplice ratificatore del volere padronale, come
mostrano chiaramente gli ultimi rinnovi contrattuali del commercio e
dei bancari, che per 85 euro lordi di “aumento”, se così si può
chiamare, spalmati su più di 4 anni, incassano senza fiatare il Jobs
act, il demansionamento e tutti gli altri colpi bassi che
l’ingordigia senza fine dei padroni è riuscita a sferrare sotto il
Governo del loro nuovo paggetto: Renzi.
Per
la CGIL e la sua segretaria nazionale, sembra che non ci sia altra
strada al di là di quella dell’adozione più rapida possibile del
modello Cisl. È a questo che, in fondo, Susanna Camusso ha lavorato
durante tutto il suo ormai doppio mandato. Eppure, siamo sicuri che
quello sia il modello giusto o che un altro sia proprio tramontato?
Lo
dico perché in questi giorni, c’è un dato sindacale che non
possiamo non sottolineare, ed è la brillante vittoria, a tratti
schiacciante, della FIOM nelle elezioni degli RLS in Fca, in Fiat
Chrysler Automotive. Vittoria che è ancora più significativa se
pensiamo alle condizioni nelle quali è stata ottenuta. La FIOM in
Fca è il primo sindacato per gli RLS nonostante non si giocasse ad
armi pari. A differenza di Fismic, Fim, Uilm e Ugl, la FIOM non aveva
agibilità sindacali da spendere nella tornata elettorale. Non aveva
le spalle coperte dalla propaganda aziendale e mediatica, anzi aveva
tutti contro. Eppure ha vinto, in maniera netta, convincente. E noi,
per altro, non avevamo grandi dubbi sul risultato finale, perché,
pur con tutti i limiti che in questi anni Landini ha mostrato, limiti
che non stiamo qui a ripetere per l’ennesima volta, sapevamo che i
lavoratori avrebbero riconosciuto nella sua e nella nostra FIOM
l’unico referente serio per la tutela dei loro diritti. Perché non
ci va molto a capire che di un sindacato complice, di semplice
ratifica del peggioramento delle loro condizioni, nel giro di poco i
lavoratori non sanno più che farsene.
Se
la FIOM ha vinto, la sua vittoria è anche e soprattutto la sconfitta
di quel modello sindacale a cui la CGIL guarda da un po’ troppo
tempo.
Questa
vittoria dovrebbe far riflettere tutti quelli che in questi anni
hanno disprezzato la FIOM e la sua linea, sommergendola di critiche
superficiali. Quante volte anche qua abbiamo sentito dire, la FIOM
ha perso, la FIOM è fuori, la FIOM è stata asfaltata da Marchionne,
eccetera. Non c’è solo
Renzi che ci ha dato per morti, anche tanti, troppi dirigenti del
nostro sindacato l’hanno fatto. Come se loro avessero qualche
vittoria da mostrare, solo perché avevano un contratto bidone
firmato in tasca, e solo perché, grazie a questo, erano e sono
riconosciuti dalla controparte con permessi, per altro sempre più
decrescenti lo stesso, per sé e per l’apparato.
A
dispetto delle apparenze, però, non ci sono oggi, tra i sindacati,
vincitori e vinti, ma solo gradazioni diverse della stessa sconfitta.
La vittoria elettorale della FIOM per gli RLS, non cambia il fatto
che in generale Marchionne stia vincendo, e la FIOM in Fca stia
perdendo. Ma la partita non è finita, e in questa battaglia la
vittoria per gli RLS segna per la FIOM un altro punto a suo favore.
Gli altri sindacati, compreso il resto della CGIL, di punti a favore,
in questi anni, non ne hanno segnati manco uno, perché contratti e
riconoscimento ai tavoli non sono punti a favore se slegati
dall’interesse dei lavoratori e dal miglioramento delle loro
condizioni. I tavoli permanenti, sono riconosciuti dalla controparte,
proprio perché danno ai padroni la garanzia che i problemi
resteranno permanentemente irrisolti.
La
volgarità dell’accusa alla FIOM di essere sconfitta, è
doppiamente indecente e inaccettabile quando viene dall’interno
della CGIL e del suo gruppo dirigente. Perché viene da un ceto
burocratico che ha perso così tanto la bussola da dimenticare che,
tutta la Storia del Movimento Operaio,
è la Storia di innumerevoli sconfitte, costellate qua e là da
qualche sporadica vittoria. Un movimento operaio che vince sempre o
al massimo pareggia, come regolarmente ci viene detto dal dirigente
di turno che deve difendere ciò che ha firmato, è un movimento
operaio che bluffa.
Ai
tempi della concertazione, ad ogni firma si era vinto, e se non si
era vinto comunque si erano fatti significativi passi avanti. Oggi,
ai tempi della ratifica, questa balla è troppo grossa e non regge,
ce ne vuole una minore, quella del pareggio. L’abbiamo sentito
proprio qua all’ultimo direttivo a proposito del contratto dei
bancari. E siamo sicuri che una giustificazione analoga circoli in
tutti i direttivi d’Italia. È un contratto difensivo
quello dei bancari, recita
la nuova scusa. Dei banchieri e dei padroni
sicuramente. Ma dei lavoratori no, rispondiamo noi!
Contratto
difensivo è pura tautologia. Un contratto o è difensivo o non
è. Perché dire di un contratto che è difensivo, significa
ammettere anche che ne esistano di non difensivi. E quando mai li
abbiamo firmati, se ai tempi della concertazione si vinceva e oggi,
ai tempi della ratifica, si pareggia? Se stiamo a tutte le
incredibili giustificazioni trovate dai nostri dirigenti per ogni
firma a rovescio che hanno messo sulla nostra pelle, noi in questi
ultimi 25 anni non avremmo perso un solo diritto. Anche se
ripercorrendo tutta la strada che va dagli accordi del 1993 ad oggi,
ne trovate sul ciglio uno morto ad ogni chilometro. La domanda che si
porrà un lavoratore sentendo queste cose è: dove e quando li
abbiamo persi se, nella peggiore delle ipotesi, i nostri dirigenti ci
hanno difesi?
Se
il contratto fosse davvero difensivo, allora vorrebbe dire che oggi
ratificando, ieri concertando, si possono tutelare i lavoratori. Non
staremmo nemmeno qui a discutere e non ci sarebbe questa Conferenza
d’allarme che è la Conferenza di Organizzazione. In realtà,
la Storia fallimentare che va dalla concertazione del 1993 alla
ratifica del 2015, dimostra che solo confliggendo coi padroni si
possono difendere i lavoratori. Perché solo accettando il conflitto,
che esiste come esiste l’acqua e non può essere evitato, si può
riuscire a vincere. Soltanto il “vecchio” sindacato di classe può
difendere i lavoratori. Il sindacato nuovo, che nuovo non è ma è
ancora più vecchio e retrogrado, non può farlo e può solo perdere,
perché è il sindacato, in fondo, dell’altra classe.
La
sconfitta su tutta la linea che va dal 1993 a oggi è evidente. Se
nel 1993 bastava essere miopi per non vederla, oggi bisogna essere
proprio ciechi, perché anche i miopi ce la fanno. Non ci sarebbe da
vergognarsi se non fosse arrivata con la complicità pressoché
totale dell’apparato. Perché, lo ripetiamo, la nostra storia non è
altro che la storia delle nostre sconfitte. Già Marx ed Engels nel
Manifesto lo ricordavano:
ogni
tanto vincono gli operai; ma solo transitoriamente. Il vero e proprio
risultato delle loro lotte non è il successo immediato ma il fatto
che l’unione degli operai si estende sempre più.
Anche
nelle sconfitte, gli operai rafforzano la loro coscienza di classe.
Se hanno lottato. Il dramma senza fine della catena di sconfitte a
cui la dirigenza ci ha portato, è che sono sconfitte che servono a
poco o a niente. Perché volute e ottenute senza dare battaglia.
Disastrose proprio perché, a differenza di quelle ottenute sul
campo, le sconfitte per codardia, prive di scioperi e mobilitazioni,
generano disgregazione ed incoscienza.
E
a proposito di sconfitte, in
questi giorni, in Italia, si celebrano i cent’anni di una delle più
grandi
sconfitte del Movimento Operaio: la Prima Guerra Mondiale. L’Italia
vi entrò nel 1915, gli
operai del mondo, invece, vi
erano entrati
un anno prima a causa della socialdemocrazia tedesca, l’attuale
SPD, che capitolò al reichstag
tedesco il
4 Agosto 1914 più o meno come capitolano tutti i nostri dirigenti
davanti ai padroni. Votando i crediti di guerra come un Bertinotti
qualunque che dà il via libera alle missioni di pace in Afghanistan,
la socialdemocrazia tedesca dette
il via libera ai padroni perché mandassero gli operai a massacrarsi
sui campi di battaglia per i loro mercati. È grazie ai pochi che si
opposero che il Movimento Operaio seppe trarre qualche lezione da
quella catastrofe e di lì a
pochi anni rialzarsi. Tra questi, vi era Rosa (Rosalia) Luxemburg, la
più grande dei nostri dirigenti di allora e di oggi.
Rosa
faceva un parallelo tra la socialdemocrazia tedesca e il Movimento
Operaio. Il Movimento Operaio, diceva, arriva all’appuntamento con
la sua vittoria finale, l’eliminazione dello sfruttamento e del
sistema capitalistico, di sconfitta in sconfitta. La socialdemocrazia
tedesca invece, era arrivata al suo tracollo del 4 Agosto, di
vittoria in vittoria. Sembrava inarrestabile la sua ascesa. Diritto
di voto, i primi parlamentari, le prime conquiste sociali di welfare.
Questi erano i suoi risultati, le sue credenziali. Ma il 4 Agosto, di
fronte alla prova più seria, trovò la sua Waterloo e si liquefò
come neve al sole. Da allora si aggira come un fetido cadavere per
l’Europa continuamente rianimata da tutti i burocrati, di questo o
quel colore, purché non sia rosso, che per tornaconto personale non
le hanno dato il colpo di grazia.
Alla
fine di quei giorni drammatici, subito dopo, anche Rosa perse la
vita, uccisa e massacrata dai suoi stessi compagni che non avevano
difeso come lei la causa dei lavoratori, ma erano passati armi e
bagagli a difendere quella dei Krupp. Perché anche Rosa Luxemburg è
in fondo una sconfitta, nonostante la sua immensa, straordinaria
grandezza e il suo fulgido esempio. Una donna sconfitta, una
compagna, una militante che ci ha rimesso le piume. Una di noi.
Quello che va in scena da noi da 20 anni è l’opposto. Dirigenti
sconfitti che non ci rimettono niente, anzi, si appuntano le penne
sul capo. Saranno anche compagni, ma non sono dei nostri. C’è
quello che ti leva la scala mobile, e va a pavoneggiarsi al
Parlamento Europeo; c’è quello che introduce il precariato, e per
ricompensa diventa Gran Visir della Camera dei deputati
borghesi, e poi c’è il peggio del peggio, oggi, cioè tutto l’ex
Gotha della CGIL, Epifani in testa, riunito e promosso tra gli
inutili burattini del PD renziano che vota compatto l’approvazione
del Jobs Act.
Questo
è il dramma, e questa è la vergogna. La Conferenza di
organizzazione in fondo è tutta qui. È la conferenza tra due modi
di intendere la sconfitta. Da una parte la CGIL maggioritaria della
Camusso, una CGIL che vuole campare sulle nostre rovine promuovendosi
ad ogni sconfitta, e dall’altra una CGIL minoritaria rappresentata
dalla FIOM, e soprattutto dalla sua ala radicale, Il Sindacato è
un’altra cosa, che alla sconfitta vuole almeno reagire. Il compito
nostro è quello di fare in modo che i tagli che andranno a colpire
il corpo della CGIL, incidano il meno possibile su questa parte,
quella più sana. Se proprio devono esserci che siano fatti
sull’altra di parte, quella tanto malata da essere forse
irrecuperabile.
Io
ovviamente non vi auguro di perdere, tanto meno di fare la fine
tragica di Rosa Luxemburg. Vi auguro ovviamente di vincere, ma se
proprio non possiamo vincere, vi auguro di perdere almeno con
dignità. Perché è questo lo scontro che andrà in scena con la
Conferenza di Organizzazione. Lo scontro tra una CGIL che perde senza
onore e senza dignità e una FIOM a cui, pur nella sconfitta, va
riconosciuto almeno l’onore delle armi. Ed è grazie a questo onore
che tornerà alta la nostra bandiera. La bandiera rossa della CGIL e
del Movimento Operaio.
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NOTA
FINALE – Alla fine del dibattito, oltre al Documento Nazionale
sulla Conferenza di Organizzazione, è stato messo ai voti anche un
Documento Territoriale, riportato più sotto, redatto da
emendatari e scontenti vari. Dopo un consulto via telefono con altri
compagni d’Area, l’idea era quella di votare contro a tutti e
due. Sentendo però il Documento Territoriale, crediamo che, a parte
i sostenitori, nessuno ne abbia compreso il senso. Tanto meno noi.
Non capire non è un problema quando non c’è altro da fare.
Perciò, ad andare fino in fondo votando contro, ci sembrava di voler
infierire. Tanto più che una sua stessa sostenitrice, è intervenuta
per dire che tanto sarà cestinato prima ancora che arrivi a Roma.
Noi materialisti incalliti, non siamo così ingenui e sappiamo che,
nonostante sia passato ci pare con solo 5 astensioni o poco più, per
risparmiargli un viaggio a metà, sarà cestinato direttamente a
Vercelli, e ben gli sta, visto che non merita di arrivare nemmeno a
Palestro chi propone di contrastare il nulla centrale, facendogli il
verso col nulla territoriale, che raddoppia solo il brusio, senza per
altro emettere un suono. Così ci siamo astenuti. Il Documento
Territoriale, è un documento da limbo dantesco, non da Opposizione
CGIL. Come tale non merita un voto, né a favore né tanto meno
contro. Lo si ascolta in silenzio per l’ultima volta, proprio la
prima in cui viene pronunciato, poi si passa avanti in attesa del
prossimo requiem.
Il
Documento Nazionale, invece, è passato con 51 voti a favore, 35
contrari e 16 astenuti. Tenuto conto di come vanno queste conferenze,
con le truppe che definirle Cammussate è essere generosi,
non aver raggiunto il 50% + 1 degli aventi diritto, è un bel
fallimento politico per i maggioritari. Ne segue che miglior successo
sindacale, noi non potevamo sperare. Per ora!
ULTIMA
NOTAZIONE: avevamo presentato un ordine del giorno sulle
pensioni. Alle 14 circa ci è stato chiesto di ritirarlo con cortesia
e regolamento alla mano, perché alla Conferenza sono possibili solo
emendamenti e, perciò, di presentarlo ai prossimi direttivi. È
strano perché al mattino hanno dato la comunicazione di presentare
gli ordini del giorno entro le 13. Non abbiamo dichiarato guerra per
un ordine del giorno che non avrebbe cambiato una virgola e abbiamo
accettato la decisione burocratica con grande signorilità. Chi vuole
lo può leggere qui sotto e utilizzarlo alla bisogna per le
Conferenze d’altri territori che, magari, avranno miglior
fortuna...




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CONFERENZA
DI ORGANIZZAZIONE CGIL VERCELLI
Vercelli,
Venerdì 19 Giugno 2014
Ordine
del giorno: pensioni
primo
firmatario Lorenzo Mortara
CGIL
CISL e UIL, hanno accettato di soppiatto di istituire un tavolo
permanente di confronto sulle pensioni con il Governo, non solo
quindi sul tema del recupero della mancata perequazione dopo la
sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito il diritto al
recupero integrale di quanto sottratto dal governo Monti a milioni di
pensionati, ma più in generale sul sistema previdenziale pubblico.
La
CGIL decide di sedersi a questo tavolo senza avere mai discusso né
definito collettivamente, dentro e fuori i gruppi dirigenti e con i
lavoratori e lavoratrici, quale piattaforma sostenere nel rapporto
con un Governo che si appresta a tagliare nuovamente le pensioni.
L’obbiettivo
del Governo è evidente. Il crescente ricorso alla decontribuzione di
fette sempre più ampie del salario e la riduzione della base
occupazionale sono parte di un disegno che vuole cancellare ciò che
resta di quella che fu la previdenza pubblica. Il decreto legge che
il governo ha emanato dopo la sentenza della Corte Costituzionale è
un imbroglio vero e proprio che costituisce l’aggiramento di un
diritto.
La
CGIL di Vercelli, chiede la convocazione urgente di un direttivo
nazionale per definire una bozza di piattaforma rivendicativa sulle
pensioni da sottoporre all’insieme del mondo del lavoro. Senza
questo passaggio ritiene che non si possa avviare un confronto ed
esprimere posizioni su una materia che riguarda la vita di decine di
milioni di lavoratrici e di lavoratori.
Occorre
rivendicare il recupero integrale dell’adeguamento delle pensioni
bloccate dal governo Monti nel 2012.
La
CGIL non deve cercare un accordo forfettario col Governo. Questo,
infatti, è il senso del tavolo permanente. La CGIL deve impegnarsi
in generale per denunciare la volontà del Governo di manomettere
ulteriormente il sistema previdenziale.
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Bozza
del 17 giugno ’15.
La
Conferenza di Organizzazione della Camera del Lavoro Vercelli
Valsesia assume la relazioni del Segretario organizzativo e gli
interventi che hanno alimentato il dibattito di questa nostra
Conferenza.
In
particolare occorre considerare che affrontiamo la nostra conferenza
di Organizzazione in un momento particolarmente difficile per il
futuro della CGIL e del Sindacato italiano.
Da
un lato il Governo Renzi che mira a riscrivere tutte le regole del
confronto democratico del nostro Paese, cercando di relegare le forze
sociali ad un ruolo assolutamente marginale nel nostro Paese.
Dall’altro la complessiva sfiducia dei lavoratori, delle
lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate, nei nostri confronti
e, più in generale, nei confronti dei ruoli di rappresentanza.
Le
sfide che ci attendono sono molte e sarebbe necessario che la CGIL si
attrezzasse per affrontarle per tempo.
Da
ormai diverso tempo la CGIL ha una costante diminuzione delle risorse
economiche disponibili sia per quanto riguarda le categorie, con
alcune in forte sofferenza finanziaria, sia, di conseguenza, per le
confederazioni. I futuri provvedimenti annunciati dal Governo, tagli
di risorse per i patronati e per i CAAF, si aggiungono, quindi, ad
una situazione già di per se complicata sotto il profilo economico
finanziario.
A
queste oggettive difficoltà già presenti nella nostra
organizzazione, si aggiungono le incertezze sul futuro delle modalità
di adesione al Sindacato considerando le implicazioni che deriveranno
dall’applicazione delle normative previste dal jobs act le quali,
contraendo i diritti e le sicurezze delle lavoratrici e dei
lavoratori, rischiano di diminuire sempre di più le iscrizioni con
delega al sindacato, unica fonte certa di finanziamento, e di
aumentare la conflittualità con conseguente aumento della spesa per
poter garantire le tutele individuali delle lavoratrici e dei
lavoratori.
È
necessario che la CGIL, tutta la CGIL, si attrezzi per tempo per far
fronte alle future difficoltà studiando nuove forme di adesione alla
nostra organizzazione e nuove modalità per rispondere ai nuovi
bisogni, ai bisogni che non abbiamo saputo cogliere in questi anni,
alle modifiche dei rapporti di lavoro ed al tema, sempre presente,
della precarietà. NiDIL è un primo passo ma non può essere
l’unico.
La
conferenza ritiene necessario che la CGIL riprenda, con più forza,
il proprio ruolo sul tema dei rinnovi contrattuali e delle pensioni.
La recente sentenza della Corte Costituzionale, sul blocco delle
rivalutazioni delle pensioni, ha dimostrato le ragioni dei lavoratori
e delle loro rappresentanze, ma anche evidenziato i limiti delle
azioni messe in campo.
Non
è solo un problema che riguarda il livello nazionale. Anche la CGIL
Vercelli Valsesia deve coinvolgere sempre più l’intera
organizzazione, le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate ed i
pensionati, nella costruzione dei propri percorsi rivendicativi.
Con
queste nuove modalità dobbiamo costruire le piattaforme per la
contrattazione sociale territoriale. Un nuovo modello di condivisione
che deve vedere, in tutte le sue fasi, l’impegno dell’insieme
dell’organizzazione iniziando dalla preparazione delle piattaforme,
facendo riferimento alle
esperienze
di questi anni con lo SPI e le sue leghe, sia nella successiva fase
attuativa. Un’attenzione particolare occorrerà prestare alla
vertenzialità, anche con l’obiettivo di operare un coordinamento e
un monitoraggio tra le categorie in merito a contenziosi o azioni
legali riguardanti tematiche di comune interesse. In quest’ottica
la conferenza ritiene necessario un potenziamento dell’ufficio
vertenze, una verifica delle convenzioni con i legali e dei costi
legati alle vertenze.
Alle
difficoltà economiche, si aggiungono quelle derivanti da un mutato
quadro istituzionale, che ha modificato i confini di riferimento in
cui agiscono le nostre controparti, che rende difficile confrontarsi
con le vecchie modalità per gli interessi che noi vogliamo
rappresentare.
È
un altro dato oggettivo che, in tutti i nostri settori di
riferimento, l’ambito provinciale non è più l’orizzonte in cui
dobbiamo confrontarci e misurarci. Se i capitali si sono sempre mossi
in ambito sovranazionale, oggi anche le scelte strategiche locali si
muovono in ambiti diversi da quelli che conoscevamo. A nessuno credo
sfugga che le politiche sanitarie, quelle sociali, quelle industriali
e quelle sui servizi, si muovono oltre i nostri confini e coinvolgono
territori diversi che hanno, anche sotto il profilo morfologico,
conformazioni diverse.
Per
far fronte a queste nuove sfide le altre Organizzazioni sindacali,
quelle datoriali ed anche alcune pubbliche amministrazioni, hanno
modificato la loro organizzazione territoriale. Pensiamo all’Area
vasta pensata dalla Regione per la gestione dei servizi delle
Province, al quadrante in Sanità all’idea di accorpare le Camere
di Commercio. Tutte modalità che rispondono a due criteri
sostanziali: risparmiare risorse, garantire il più possibile i
servizi. Tutti questi soggetti stanno cercando di attrezzarsi per le
nuove sfide economiche, sociali e politiche. Al contrario la nostra
Organizzazione continua a muoversi, a ragionare ad agire all’interno
dei propri territori con l’unica positiva eccezione della CGIL di
Novara e Verbania.
La
CGIL Vercelli Valsesia ritiene che sia sempre più necessario agire,
progettare, e pensare la propria azione politica ed organizzativa in
un ambito sovra provinciale. Questo non vuol dire chiudere
l’esperienza positiva delle attuali articolazioni territoriali
della CGIL e meno che mai delle Camere del Lavoro. Nessuno vuol far
si che venga cancellata in un solo colpo la storia delle nostre
Camera del Lavoro (Vercelli e Borgosesia) o di quelle di Biella,
Novara e Verbania. La conferenza di organizzazione della CGIL
Vercelli Valsesia ritiene necessario dare mandato alla propria
segreteria provinciale di riprendere al più presto la discussione
iniziata tempo fa’ insieme alla CGIL Piemonte, alle Categorie
regionali ed alle Camere del Lavoro piemontesi, con l'obiettivo di
ottimizzare le risorse umane ed economiche, creando i presupposti ad
accorpamenti funzionali delle Camere del Lavoro, o delle categorie,
che ne avranno la possibilità e le condizioni.
La
conferenza ritiene altresì che sia necessario:
-
Uno sforzo maggiore, così come peraltro previsto dal documento nazionale della nostra conferenza, al fine di fornire un’adeguata formazione ai quadri ed ai delegati, anche finanziando un apposito fondo al fine di garantire i necessari permessi e distacchi sindacali.
-
Avviare una serie di iniziative in favore dei migranti, al fine di contrastare le derive di intolleranza e di razzismo che arrivano, in maniera demagogica, da alcuni orientamenti politici che cavalcano le paure delle persone ai soli fini elettorali.
-
Aumentare i momenti di confronto tra le categorie ed i servizi, anche utilizzando delle conferenze dei servizi e delle riunioni di apparato al fine di migliorare le relazioni tra i compagni e garantire migliori servizi.
-
Che la Confederazione, individui contesti produttivi nei quali sperimentare una pratica contrattuale di sito sistematizzando e coordinando la presenza e l’azione delle singole categorie. Si ritiene inoltre utile in generale che nelle situazioni produttive ove insistano applicazioni contrattuali diverse si proceda al coordinamento dell’attività delle singole categorie, con particolare attenzione alla ricostruzione delle filiere produttive e all’inclusione delle tipologie di lavoro non dipendente e della somministrazione.
Il
nostro impegno, e quello dell’intera organizzazione, deve essere
finalizzato a far si
che la CGIL non sia solo un luogo fisico, un palazzo, dove entrare
per risolvere i propri problemi, come in qualsiasi ufficio
assistenziale. Ma che continui a essere un luogo di accoglienza,
democrazia e partecipazione attiva per tutte le persone che vogliamo
rappresentare: lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati.